B. Gemelli: Giovanni Pietro Orelli Barnaba di Locarno

Cover
Titel
Opera medica (1711).


Autor(en)
Orelli Barnaba, Giovanni Pietro
Herausgeber
Gemelli, Benedino
Erschienen
Milano-Udine 2018: Nimesis Edizione
Anzahl Seiten
660 S.
von
Miriam Nicoli

Benedino Gemelli, già docente di latino e greco al Liceo cantonale di Bellinzona, ricercatore del Fondo Nazionale Svizzero, esperto del naturalista italiano Antonio Vallisneri (1661-1730) e traduttore del filosofo empirista inglese Francis Bacon (1561-1626), propone un’edizione critica dell’Opera medica del locarnese Giovanni Pietro Orelli Barnaba (1682- 1737), un voluminoso manuale diagnostico ad uso non solo di medici, barbieri-chirurghi e speziali, ma anche di persone istruite e, in generale, di chi voglia cimentarsi con l’automedicazione. L’Opera medica è infatti accessibile ad un pubblico di non specialisti poiché redatta in italiano, fatto singolare per l’inizio del Settecento. All’epoca, infatti, la maggior parte dei testi scientifici era ancora redatta in lingua latino. L’intento di Orelli Barnaba nel pubblicare un tale lavoro, come scrive lui stesso nella dedicatoria, era di fornire un «metodo facile e di poco dispendio per conservarsi il più bel tesoro della vita» (p. 87). Anche nell’avvertimento al lettore, il medico locarnese si presenta come un divulgatore e un mediatore dei saperi: un trattato di medicina pratica in volgare, dal grande potenziale, ma che non riscontrò il successo internazionale dell’Avis au peuple sur sa santé, che il vodese Samuel Auguste Tissot (1728-1777) pubblicò cinquant’anni dopo.

L’Opera del locarnese trovò purtroppo poco riscontro nella stampa del tempo, tanto da non essere nemmeno citata nella Bibliotheca medicinae practicæ di Albrecht von Haller (1708-1777).

Nel suo libro, pubblicato dall’editore milanese Carlo Giuseppe Quinto, Orelli Barnaba argomenta su circa un’ottantina di patologie, dandone una sommaria descrizione (sintomi e cause), discutendone la prognosi, il decorso, e infine proponendone la terapia. I rimedi che egli indica sono numerosi e costituiscono il fulcro dell’opera, accomunabile ad una farmacopea. In tal senso «l’Opera costituisce un ricco e aggiornato thesaurus delle sostanze contemplate nella farmacopea in uso» (p. 37). Con i suoi Recipe, il testo qui riedito ci permette di entrare nella bottega dello speziale, per meglio comprendere l’arsenale terapeutico del tempo, e le relative preparazioni medicamentose. Vi troviamo citate numerose sostanze animali e vegetali elaborate sotto forma di acque, balsami, distillati, sali, polveri, sciroppi, tinture, unguenti, ecc. Noto è, ad esempio, l’impiego nella medicina antica del latte di asina. Meno conosciute sono invece le proprietà terapeutiche dell’unghia d’asina e del sangue estratto dalla parte posteriore dell’orecchio dell’asino. E che dire delle facoltà curative dell’occhio di lepre? Del corno di cervo? O della carne di lupo essiccata? Nel volume sono così illustrate le importanti conoscenze botaniche e mineralogiche necessarie a uno speziale per potersi procurare le sostanze e preparare correttamente droghe e rimedi.

L’impianto dell’opera di Orelli Barnaba non si può però definire originale. Sicuramente ad ispirare il medico locarnese fu in primo luogo l’opera Enchiridion Medicum Theoretico-Praticum (Londra, 1695) del medico inglese Joseph Jackson, e poi l’Opera medica universa (Lione, 1679) del medico francese Lazare Rivière (1589-1655). In alcuni casi, Orelli Barnaba, secondo una pratica compilatoria diffusa all’epoca, senza riguardo alcuno per i diritti d’autore, si limita a tradurre e adattare, senza grande attenzione alla sintassi, i brani dei due medici citati sopra, dei quali sposa teorie e rimedi, che si rifanno, a loro volta, al modello umorale dei medici dell’Antichità: Ippocrate e Galeno.

Il curatore della pubblicazione si sofferma brevemente sulla lingua dell’Opera medica del Locarnese, poiché il testo è ricco di peculiarità lessicali. Orelli Barnaba nel suo lavoro di traduzione mobilita infatti sia una terminologia aulica di derivazione greca e latina, sia un linguaggio regionale. Benedino Gemelli rileva inoltre come alcuni dei termini usati non siano nemmeno repertoriati nel Grande dizionario della lingua italiana, e qui è necessario rilevare come i termini scientifici all’epoca non erano ancora fissati nelle lingue moderne. Addirittura essi andavano letteralmente inventati. Quello scientifico è un linguaggio che si costruirà nel corso del Settecento e i neologismi relativi si fisseranno in parte soltanto nel corso ell’Ottocento. Ciò provocava non pochi problemi agli eruditi dell’epoca, in bilico tra espressioni in linguaggi diversi, ostaggi di nomenclature mobili.

Come rileva Benedino Gemelli, poco si conosce di Giovanni Pietro Orelli Barnaba, mentre si sa che la famiglia Orelli Barnaba annoverava tra i suoi membri medici, speziali e giuristi. Inoltre, allo stato attuale della ricerca, non è ancora noto dove l’Orelli Barnaba abbia fatto i suoi studi. Le ricerche archivistiche hanno permesso fino ad oggi di ricostruire solo alcuni dati genealogici: Giovanni Pietro, figlio di Donato e Anna Lucia Leoni, sposa Maria Giovanna Pioto (1691-1754) originaria di Brissago. Relativamente ben documentata è invece l’attività di Giovanni Pietro come Podestà di Locarno negli anni ’20 e ’30 del Settecento.

Nulla invece è emerso della sua rete di contatti. L’Opera medica è dedicata al conte Giovanni Benedetto Borromeo Arese (1679-1744), prefetto delle milizie nei territori del Verbano e marito della genovese Clelia Grillo (1684-1777), che teneva un salotto-accademia al quale partecipavano illustri eruditi, tra cui Antonio Vallisneri e il matematico Giovanni Antonio Crivelli (1691-1743). Clelia Grillo, donna di grande cultura che parlava otto lingue, si interessava di matematica e geometria, e la coppia Borromeo Arese era nota nella regione per il suo importante sostegno alle arti e alle scienze. Tale dedica ha forse permesso all’Orelli Barnaba di frequentare l’Academia Cloelia Vigilantium?

Nell’introduzione (pp. 11-58) e nell’apparato di commento, il curatore risale alle fonti sulle quali si basa Orelli Barnaba. La ricerca degli autori e dei passaggi a cui si rifà il medico locarnese costituisce il centro del lavoro di Benedino Gemelli, che illustra anche la principale terminologia tecnica legata alla sfera medica e discute della valenza terapeutica delle varie sostanze e preparati menzionati dal testo, riferendosi alle varie farmacopee coeve. Utili sono anche le brevi biografie dei personaggi citati nel testo. Il volume è completato da una serie di strumenti necessari per navigare nelle pagine di un’opera tanto voluminosa: un elenco delle malattie trattate, che spaziano dalla “cefalgia” al “volvolo o illiaca passione”, un indice dei termini notevoli, che comprende ad esempio i rimedi e i preparati chimici citati, e l’indice dei nomi.

Il lavoro di Gemelli oltre a preservare un’opera di cui non si conservano gli originali manoscritti e della quale sono reperibili pochissimi esemplari a stampa (11 in totale conservati in Svizzera e all’estero), aggiunge un importante tassello alla nostra ancora insufficiente comprensione della storia della medicina nelle terre ticinesi durante l’antico regime. Proprio su questi aspetti il lettore curioso avrebbe voluto avere qualche informazione in più nell’introduzione per poter meglio contestualizzare l’Opera dell’Orelli Barnaba.

Se il medico locarnese ha preso la penna con spirito divulgatore, lo stesso non si può dire del curatore, il cui lavoro editoriale si rivolge principalmente a un pubblico esperto, istruito e a suo agio con il latino. Si tratta di un lavoro di certa erudizione che poco però dialoga con la letteratura internazionale sul tema. Ne deriva un approccio soprattutto descrittivo.

Zitierweise:
Nicoli, Miriam: Rezension zu: Giovanni Pietro Orelli Barnaba di Locarno. Opera medica (1711) a cura di Benedino Gemelli, Milano-Udine, Mimesis, 2018. Zuerst erschienen in: Archivio Storico Ticinese, 2020, Vol. 167, pagine 155-156.

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Zuerst veröffentlicht in

Archivio Storico Ticinese, 2020, Vol. 167, pagine 155-156.

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